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Un tema riproposto da diversi artisti è la maschera, l’autoesclusione come essere umano autentico, il voler cercare di oscurare la propria natura attraverso mezzi diversi, il disagio, la vergogna, la confusione. Nell' opera di Larosa sembra che ci si ponga il quesito: perché fa così tanta paura svelarsi per quel che si è?

Teresa Stacca (Catalogo della mostra  "Veritas Feminae" Cernobbio 2016 - A cura di Gina Affinito)

Un viaggio quotidiano e intimo per evidenziare tutti gli aspetti di questo ‘essere’ fragile tra limiti e certezze... donne tra la folla accompagnate  da "brandelli di silenzi".

Prof. Annamaria Santarpia (Catalogo della mostra  "Veritas Feminae" Amalfi 2016 - A cura di Gina Affinito)

Nell'opera "Onde" di Nadia Larosa, il movimento lento e circolare della superficie diviene sinonimo di un pensiero in continuo divenire.

(Dalla recensione critica alla mostra "La grande onda - Omaggio ad Hokusai" 2013 - A cura di Adelinda Allegretti)

Le opere di Nadia Larosa non lasciano intuire il luogo che le ha ispirate - d'altro canto i titoli, Marina e Confine, aiutano ben poco in questo senso, piuttosto fanno pensare a quelli che a me piace definire "paesaggi dell'anima". In entrambe la superficie pittorica si fa talmente spessa che simbolicamente la loro presenza è ancora più tangibile. Gravano con un loro peso specifico sulla coscienza di chi le ammira, inoltre il loro spessore materico quasi spinge chi guarda a cercare un contatto tangibile. Confine è certamente la più concettuale delle due, nel dividere a metà la superficie stabilendo un aldiquà ed un inevitabile aldilà, in un'apparente calma piatta che sempre precede o segue una tempesta.
(Dalla recensione critica alla mostra "Grand Tour" 2010 - A cura di Adelinda Allegretti)

 

Una natura infuocata dal genio dell'arte, dalla passione per il colore e per la luce, per il segno rapido di una pittura tra il figurativo e l'astratto, che ama indicare la strada per poi lasciare fluire fantasia ed emozione. Nadia Larosa possiede una sensibilità tonale misteriosa e spirituale, che arricchisce con l'utilizzo di materie differenti inglobate nella pittura, come ad esempio la sabbia. Si crea così una evocativa memoria visiva del momento e dello spazio vissuto, come questo bosco, percorso da lame di luce e di sogno. (opera selezionata "Luci nel bosco")
(Dalla recensione critica alla mostra "Internazionale Italia Arte" 2010 - A cura di Guido Folco)

 

 

Una pittura graffiata e segnica, dalle larghe pennellate rapide e incise nel colore. L'opera (Perdersi) tutta giocata sui rossi e gli aranci, con i colori complementari, crea chiaro-scuri suggestivi ed espressionisticamente validi.
(Catalogo della Mostra-premio Internazionale Italia Arte 2009) 

 

Un' aura di fascinosa evanescenza pervade l'opera di Nadia Larosa, eterea fusione di materia e cromatismi in un'atmosfera di masse fumose in cui aleggiano sensazioni sfuggenti. Ecco svanire nel solco di un'onda sinuosa, la dolce carezza di una calda ed impalpabile folata. Altrove invece la pastosità cresce divenendo una sorta di pretesto decorativo che origina il morbido modellato ad occhio di pavone. Immagini di densa commozione su cui si erge il dominio di fredde scelte tonali affidate soprattutto ad azzurri e viola che tuttavia sono pervenuti ad un approdo di raffinatezza estrema.
Maria D'Amuri (Corriere dell'arte - 5 aprile 1997) 

 

Soffermandosi sui titoli di alcuni lavori di Nadia Larosa l'aspettazione è quella di vedere opere similnaturalistiche o opere che rappresentano squarci del mondo naturale. Invece non è così, in quanto la sua produzione sottende un rapporto dialogico con la realtà circostante, da cui scaturiscono suggestioni, emozioni, impressioni successivamente rielaborate dall'artista per poi essere impresse sulla tela in una maniera del tutto personale. Del mondo reale rimangono, quindi, soltanto lievi tracce visive, che possono essere accentuate fruendo principalmente dei nostri occhi mentali, dimenticando parzialmente e momentaneamente gli occhi corporei. L'universo artistico creato da Larosa è dominato da colori freddi quali il viola, l'azzurro e il blu, a cui fanno da contraltare cromatico nere nebulose, in alcuni casi matericamente redatte con l'ausilio di pietra pomice e simili materiali non canonicamente pittorici. La profondità e l'intensità del nero spiccano ulteriormente in opposizione al bianco abbacinante della tela, che acquista la doppia valenza di supporto e di elemento coloristico. Dalla disposizione calibrata dei tocchi cromatici, dei pieni e dei vuoti scaturiscono degli spazi, dominati da momenti di lunghi silenzi, in cui elementi dicotomici sembrano aver trovato il terreno ideale per un simbolico accordo.
L'armonia compositiva è racchiusa in una sorta di aurea bianca con la funzione circoscrittiva dell'ambito di intervento pittorico, che in alcuni casi sconfina dallo spazio assegnatogli con decise pennellate o con delicate infiorescenze matericocromatiche. L'ibridazione di frammenti di pietra pomice con i colori contribuisce a creare una serie di pause e di modulate sospensioni coloristiche all'interno della composizione considerata in tutta la sua valenza espressiva.
Il risultato è quello di un finale a sorpresa giocato su note soft. Una parte della produzione dell'artista è connotata da una sorta di assalto nei confronti della tela, essendo questa segnata da vigorose e corpose pennellate, che si sovrappongono e si annullano a vicenda. Il colore è steso artatamente a iosa in modo tale da potervi successivamente intervenire con incisioni graffiate fino a raggiungere la superficie della tela. I lavori dell'artista nei loro diversi processi redazionali avallano la multiforme gamma emozionale legata alle differenti opere sempre all'insegna del nuovo.
Loredana Carena (Catalogo della mostra New Abstract2 - 1997)

 

Nadia Larosa lascia trasparire un'ispirazione che sicuramente le viene dal mondo naturale. In lievi tracce visive, dominate dai colori freddi contrastati da cromatiche nere e dal bianco abbacinante della tela, vibrano una serie di suggestioni ed emozioni captate dagli elementi della natura.
Olga Gambari (La Repubblica - 6 aprile 1997)

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